PARTI COMUNI
12/09/2010 10.32
acqua condotta, aree comuni, ascensore, citofono,
portone, fognature, locali comuni, muri maestri, scala ed androne, solaio,
sottotetto,
"Il titolo idoneo a vincere la presunzione
scaturente dall'art. 1117 codice civile di comproprietà di alcune
parti dell'edificio comune o di strutture comuni ad edifici distinti ed
autonomi, deve rivestire ad substantiam la forma scritta,
poiché incide sulla costituzione o modificazione di un diritto su
bene immobile; tuttavia, non è necessario che tale titolo si concreti
in un'espressa dichiarazione di volontà, ma è sufficiente
che esso offra elementi che facciano ritenere che la parte immobiliare
di cui trattasi, diversamente da quanto desumibile dalla sua desti- nazione
di fatto, sia di proprietà esclusiva di un determinato soggetto"
" In tema di condominio in complesso immobiliare
costituito da più fabbricati, il locale che risulti strutturalmente
parte integrante di uno dei detti fabbricati può ritenersi oggetto
di comunione in favore di tutti i condomini del complesso, anziché
soltanto di quelli dell'indicato fabbricato, esclusivamente in forza di
specifico titolo, e non anche per la circostanza della sua destinazione
a sede delle assemblee condominiali dell'intero complesso immobiliare;
tale destinazione del locale, infatti, non è rivolta a soddisfare
un bisogno connesso al godimento dei singoli appartamenti, e, pertanto,
non è di per sé idonea a comportarne una presunzione di comunione,
secondo la previsione di cui all'art. 1117 c.c."
"In tema di condominio di edificio, il titolo contrario,
idoneo ad escludere dalla comunione un bene oggettivamente destinato all'uso
comune (art. 1117 c.c.), è soltanto atto costitutivo del condominio
medesimo, ovvero un successivo atto modificativo, cui abbiano
partecipato tutti i condomini; al fine indicato, pertanto, può ritenersi
operante la clausola del contratto di compravendita del singolo appartamento
solo se ed in quanto riportata in tutti gli atti di acquisto degli altri
appartamenti"
"La presunzione di comproprietà stabilita dall'art.
1117 c.c. concerne sia gli elementi che strutturalmente costituiscono l'edificio
quale complesso unitario (il suolo su cui esso sorge, le fondazioni, i
muri maestri, i tetti, i lastrici solari, le scale, i portoni d'ingresso,
i vestiboli, gli anditi, i portici, i cortili e le altre parti che siano
necessarie all'uso comune), sia i locali destinati ai servizi comuni,
anche se strutturalmente autonomi rispetto all'edificio, sia le opere,
le installazioni ed i manufatti che servono all'uso ed al godimento comune
(addizioni, rispetto alla struttura dell'edificio)"
.
"Anche rispetto alle parti dell'edificio in condominio
che, per posizione o altri elementi obiettivi, rivelano l'attitudine funzionale al servizio condominiale, per cui si presumono comuni, occorre verificare
in concreto se, in base al titolo e alla situazione di fatto, vi sia effettiva
destinazione a tale scopo (fattispecie di cortile coperto in parte con
terrazza a livello)".
"L'art. 1117 c.c. sancisce una presunzione iuris
tantum di proprietà comune delle parti dell'edificio in
condominio necessarie all'esistenza stessa di questo ovvero destinate
in modo permanente all'uso o al godimento comune, che può essere
vinta dagli elementi contrari risultanti dal titolo, per tale intendendosi
gli atti di acquisto dei singoli appartamenti o delle altre unità
immobiliari, nonché il regolamento di condominio ad essi allegato
o in essi richiamato, conosciuto e accettato dagli acquirenti (cosiddetto
regolamento contrattuale)".
"Poiché il condominio negli edifici - con la conseguente
presunzione di comunione delle parti comuni di cui all'art. 1117 c.c. -
viene ad esistenza per la sola circostanza che la proprietà di piani
o di porzioni di piano di un medesimo edificio appartenga a più
titolari in proprietà esclusiva, è irrilevante, al fine di
escludere tale condominio - e quindi la comunione dei muri maestri e del
tetto - l'esistenza di distinti ingressi e l'assenza di locali comuni".
"La presunzione di comunione, di cui all'art. 1117 c.c.,
riguarda gli edifici in condominio per piani orizzontali e non è
applicabile al fine di dimostrare la comunione di un cortile esistente
fra edifici appartenenti a proprietari diversi e destinato all'uso e godimento
di uno solo degli edifici quanto all'accesso a questo ed al godimento anche
dell'altro edificio quanto all'aria ed alla luce. Pertanto, in tale ipotesi,
chi invoca la comunione ha l'onere di provarne i fatti costitutivi".
"Poiché l'edificio condominiale comprende l'intero
manufatto che va dalle fondamenta al tetto, e quindi anche i vani scantinati compresi tra le fondamenta stesse, ed il suolo su cui sorge l'edificio,
oggetto di proprietà comune ai sensi dell'art. 1117 c.c., è
non la superficie, a livello del piano di campagna, che viene scavata per
la posa delle fondamenta, bensì quella porzione del terreno su cui
viene a poggiare l'intero edificio, e, immediatamente, la parte infima
dello stesso. Di conseguenza, anche per stabilire a chi spetti la proprietà
di un locale dell'edificio condominiale, sottostante al piano terreno,
deve farsi riferimento non alle ordinarie norme poste dagli art. 933 e
934 c.c., ma a quelle che regolano la proprietà condominiale, divisa
per piani orizzontali, gradatamente accertandosi al predetto fine: a) se
il titolo, esplicitamente o implicitamente, attribuisca a taluno la proprietà
esclusiva; b) se, tacendo il titolo, la proprietà esclusiva possa
riconoscersi ugualmente in quanto acquisita per usucapione; c) se, non
potendo neanche accamparsi l'usucapione, il locale, per la sua struttura,
non possa considerarsi tra le parti dell'edificio necessarie all'uso comune
o tra le cose destinate ad un servizio o al godimento comune, e debba viceversa
considerarsi destinato ad uso esclusivo".
"In tema di condominio degli edifici, il titolo contrario,
ai sensi dell'art. 1117 c.c., idoneo a superare la presunzione di comunione di una porzione di fabbricato compresa nell'elencazione della norma
medesima, non può essere ravvisato in atti relativi alla proprietà
del terreno anteriori alla costruzione di detto fabbricato e di detta porzione".
"In tema di condominio degli edifici, la presunzione
di comunione ex art. 1117 c.c. di "tutte le parti dell'edificio
necessarie all'uso comune" si configura solo ove risulti (dall'esito di
indagine di fatto riservata al giudice del merito) una relazione strumentale necessaria tra la parte di cui trattasi e l'uso comune e non può
essere vinta dalla pura e semplice omessa menzione nel titolo costitutivo
del condominio di detta parte come comune, occorrendo, invece, che dal
complesso dell'atto emergano, anche se non contenuti in una dichiarazione
espressa di volontà, elementi di significato univoco idonei a far
ritenere che la parte immobiliare in contestazione, diversamente da quanto
sarebbe desumibile dalla sua destinazione di fatto, sia proprietà
esclusiva di un determinato soggetto".
"La presunzione di proprietà dell'edificio ai sensi
dell'art. 1117 c.c. può essere vinta solo se dal titolo risultino,
in modo chiaro ed univoco, elementi che siano in contrasto con l'esercizio
del diritto del condominio, ovvero facciano ritenere che le cose, od alcune
di esse, siano state attribuite in proprietà esclusiva ad un solo
o ad alcuni dei condomini".
"Per il superamento della presunzione di comunione non
è sufficiente che il contrario risulti da un atto di compravendita
successivo alla costituzione del condominio, ma vale il negozio posto in
essere da colui o da coloro che hanno costituito il condominio dell'edificio,
poiché tale negozio, rappresentando la fonte comune dei diritti
dei condomini, ne determina l'estensione e le limitazioni reciproche."
"Elemento indispensabile per poter configurare l'esistenza
di una situazione condominiale è rappresentato dalla contitolarità
necessaria del diritto di proprietà sulle parti comuni dell'edificio, in rapporto alla specifica funzione di esse di servire per l'utilizzazione
e il godimento delle parti dell'edificio medesimo. Pertanto, anche
in presenza di più edifici strutturalmente autonomi, ciascuno appartenente
a un unico soggetto, è dato profilare una situazione condominiale
allorché tali edifici fruiscano, per la loro utilizzazione e il
loro godimento, di ope- re comuni anche se strutturalmente distaccate (portineria,
garage, parco, viali d'accesso eccetera).(Nella specie, si è esclusa
l'applicazione delle norme che disciplinano il condominio, perché
il corpo di fabbrica, costituito dall'edificio, e quello destinato ad autorimessa
erano strutturalmente indipendenti, cioè autonomi in senso statico
e funzionale e non avevano in comune alcuna delle parti elencate nell'art.
1117 c.c.).
"In caso di frazionamento della proprietà di un
edificio, a seguito del trasferimento, dall'originario unico proprietario
ad altri soggetti, di alcune unità immobiliari, si determina una
situazione di condominio per la quale vige la presunzione legale di comunione
"pro indiviso" di quelle parti del fabbricato che, per ubicazione
e struttura, siano - in tale momento costitutivo del condominio - destinate
all'uso comune o a soddisfare esigenze generali e fondamentali del condominio
stesso: ciò sempre che il contrario non risulti dal titolo, cioè
che questo non dimostri una chiara ed univoca volontà delle parti
di riservare esclusivamente ad uno dei condomini la proprietà di
dette parti e di escluderne gli altri".
"La presunzione legale di proprietà comune di alcune
parti dell'edificio in condominio, che si sostanzi sia nella destinazione
all'uso comune del manufatto, sia nell'attitudine oggettiva al godimento
collettivo, dispensa il condominio dalla prova del suo diritto ed in
particolare dalla cosiddetta probatio diabolica, con la
conseguenza che quando un condomino pretenda l'appartenenza esclusiva di
uno dei beni indicati nell'art. 1117 c.c. (la cui elencazione non
è tassativa) è onere dello stesso condomino, onde vincere
detta presunzione, dare la prova della sua asserita proprietà esclusiva,
senza che a tal fine sia sufficiente il suo titolo di acquisto ove lo stesso
non contenga in mo- do chiaro ed inequivocabile elementi utili ad escludere
la condominialità del bene".
"La presunzione di comunione enunciata dall'art. 1117
c.c. non è assoluta e viene meno quando una delle parti considerate
da tale norma serve, per caratteristiche strutturali e funzionali, al godimento
di una porzione dell'immobile che costituisca oggetto di autonomo e separato
diritto di proprietà, in quanto la destinazione particolare vince
la presunzione legale di comunione alla stessa stregua di un titolo contrario".
"La presunzione legale di proprietà comune di alcune
parti dell'edifi- cio in condominio, che si sostanzi sia nella destinazione
all'uso comune del manufatto, sia nell'attitudine oggettiva al godimento
collet- tivo, dispensa il cono di compravendita, in cui la previa
delimitazione unilaterale dell'oggetto del trasferimento sia stata recepita
nel contenuto negoziale per concorde volontà di entrambi i contraenti".
"Per vincere in base al titolo la presunzione legale di
proprietà co- mune delle parti dell'edificio condominiale indicate
nell'art. 1117 c.c, non è sufficiente il frazionamento- accatastamento
e la relativa tra- scrizione eseguiti a domanda del venditore-costruttore
della parte dell'edificio in questione, trattandosi di atto unilaterale
di per sé inidoneo a sottrarre il bene alla comunione condominiale,
dovendo riconoscersi tale effetto soltanto al contratto di
compravendita, in cui la previa delimitazione unilaterale dell'oggetto
del trasferimento sia stata recepita nel contenuto negoziale per concorde
volontà di en- trambi i contraenti"
Elementi comuni: caratteristiche ed accertamento:
Poiché l'edificio condominiale comprende l'intero manufatto che va dalle fondamenta al tetto e quindi anche i vani scantinati compresi tra le fondamenta stesse, il suolo su cui sorge l'edificio, oggetto di proprietà comune ai sensi dell'art. 1117 cod. civ., è non la superficie, a livello del piano di campagna, che viene scavata per la posa delle fondamenta, bensì quella porzione del terreno sulla quale viene poggiare l'intero edificio, e, immediata- mente, la parte infima dello stesso. Ne consegue che il vespaio", consistente in riempimento calcareo a nido d'ape in terra di riporto, sottostante al pavimento del piano terra, che vi viene poggiato, non rientra nell'ambito del suolo comune a norma dell'art. 1117 cod. civ., bensì costituisce un manufatto ben distinto dalle fondazioni ed al servizio esclusivo della unità immobiliare al piano terreno e poggiante sul suolo comune. Cassazione Civile
La comune proprietà delle parti condominiali si deduce dal primo atto costitutivo
I Supremi giudici,
hanno chiarito che per verificare la sussistenza o meno di un titolo contrario
alla presunzione di proprietà comune su una delle parti dell’edificio elencate
dall’art. 1117 c.c., occorre far riferimento all’atto costitutivo del
condominio, ossia al primo atto di trasferimento di proprietà dall’originario
unico proprietario al primo acquirente di unità immobiliare. In detto atto,
essendo fonte comune dei rispettivi diritti delle parti, sono determinati anche
l’estensione ed i limiti dei diritti del singolo condomino sulle parti comuni
dell’edificio. (Cass. Civ. 30.08.2004 n. 17397)
- Massima: L'articolo 1102 del codice civile vieta, in assenza di uno specifico accordo concluso tra tutti i titolari del diritto (comproprietari), che il singolo partecipante possa attrarre la cosa comune o una sua parte nell'orbita della propria disponibilità esclusiva e sottrarlo in tal modo alla possibilità di godimento degli altri comproprietari. Ed, infatti, allorché la cosa comune sia sottratta definitivamente alla possibilità di godimento collettivo, nei termini funzionali originariamente praticati, non si rientra più nemmeno nell'ambito dell'uso frazionato consentito, ma nell'appropriazione di parte della cosa comune, per legittimare la quale è necessario il consenso negoziale (espresso in forma scritta ad substantiam) di tutti i partecipanti. Cass. Sezione II, Sentenza 6 novembre 2008, n. 26737
ACQUA CONDOTTA
" L'impianto idrico condominiale svolge una funzione
comune, generale ed è una tipica struttura condominiale, anche se
realizzato con un fascio di tubi distinti invece che con una condotta collettiva
unica, fino all'ingresso nella singola unità immobiliare privata,
dove cioè il tubo passa al servizio esclusivo della porzione di
proprietà individuale: fino a quel punto l'impianto è di
proprietà del condominio che infatti può modificarne il percorso,
la consistenza e il servizio, frazionandolo, unificandolo, allacciandovi
derivazioni, o apportando altre variazioni di interesse comune, naturalmente
assicurandone la funzione a tutti i condomini."
AREE COMUNI
"Anche gli spazi liberi disposti all'esterno delle facciate
dell'edificio come le aree destinate a giardino, anche se non menzionati dall'art. 1117 c.c., vanno presunti comuni a norma di tale disposizione"
"Le aree di parcheggio sono oggetto di proprietà
(o di uso) comune se diversamente non risulti dal titolo di acquisto".
"Rientra nella previsione dell'art. 1117 c.c., ed è
quindi di proprietà comune se il contrario non risulta dal titolo,
lo spazio a livello del suolo su cui insiste un edificio costruito su piloni
(c. d. piano "pilotis").
"Nella nozione di cortile devono intendersi compresi anche
gli spazi esterni che, oltre a dare aria e luce agli stessi, soddisfano
altresì l'esigenza dell'accesso alla via pubblica".
"La presunzione di comunione dei cortili di fabbricati
in condominio, prevista dall'art. 1117 c.c., si estende anche ai cortili
compresi tra edifici limitrofi, anche se appartenenti a proprietari diversi,
poiché tale presunzione si fonda sulla normale destinazione del
cortile al servizio dell'edificio in condominio, e tale situazione
può verificarsi anche nell'ipotesi di destinazione all'uso ed alle
necessità di più edifici limitrofi; per vincere la presunzione
è necessario che il titolo contrario (e cioè l'attribuzione
in proprietà esclusiva) risulti in modo inequivoco, apprezzabile
incensurabilmente dal giudice del merito".
"Il cortile del quale prendono aria e luce gli
appartamenti di un edificio condominiale si presume di proprietà
comune di tutti i condomini, se il contrario non risulti dal titolo, e
cioè dal negozio costitutivo del condominio".
"La norma dettata dall'art. 1117, n. 1, c.c., con
riguardo ai cortili negli edifici condominiali, è applicabile, per
analogia, anche ai cortili ed agli spazi permanentemente destinati per
l'uso e per l'accesso ad edifici limitrofi, appartenenti a proprietari
diversi, con la conseguenza che quei cortili e quegli spazi si presumono
in comunione fra i predetti proprietari, fino a prova contraria.
"Il cortile, compreso fra edifici limitrofi appartenenti
a proprietari diversi, deve presumersi oggetto di comunione, in applicazione
analogica dell'art. 1117, n. 1, c.c., ove risulti obiettivamente e prevalentemente
destinato a dare aria e luce alle rispettive proprietà individuali,
mentre rimane irrilevante, a tal fine, che gli indicati fabbricati affaccino
direttamente sul cortile, ovvero ne siano separati da porzioni di aree
scoperte, costituenti parti integranti dei fabbricati stessi".
"La destinazione di un'area a cortile è elemento
determinante per stabilire che i diritti dei proprietari delle parti edificate,
che vi si affacciano, comprendono anche l'apertura di nuove finestre e
di nuovi accessi, solo quando non vi è un titolo che fissi la proprietà
del cortile stesso; in tal caso la destinazione fa sorgere per il cortile
la presunzione di comunione di cui all'art. 1117 c.c. con la conseguente
applicazione del regime dell'art. 1102 c.c. sia nel caso che esso si trovi
in un edificio condominiale sia nell'altro, in cui un edificio, originariamente
appartenente a un solo Proprietario, sia stato diviso in parti del tutto
autonome verticalmente e perciò prive di ogni rapporto condominiale
tra loro; per contro, quando vi è un titolo che attribuisca l'area
del cortile in proprietà esclusiva al titolare di una unità
condominiale ovvero di una parte autonoma dell'edificio originariamente
unico, la disciplina giuridica dei rapporti tra cortile ed altrui proprietà
si rinviene soltanto nel suddetto titolo".
"Poiché la proprietà comune di un cortile
o di una scala può essere stabilita convenzionalmente anche con
riguardo a beni immobili che formano oggetto di proprietà distinta
da tale comproprietà, non può inferirsi la costituzione di
un condominio tra i titolari delle distinte proprietà immobiliari,
con la conseguenza che, in mancanza di prove da fornire da chi la deduce,
non può affermarsi la comproprietà, a norma dell'art. 1117
c.c., dei muri perimetrali dei vani terranei che delimitano il cortile
comune, essendo a tal fine irrilevante anche la loro funzione di recinzione
del cortile, potendo tali muri adempiere la funzione di recinzione, anche
se di proprietà esclusiva del proprietario dei suddetti vani".
"Nell'ipotesi di un cortile compreso in un fabbricato
condominiale, ma di proprietà esclusiva di uno dei condomini, i
rapporti tra i relativi diritti dominicali, ove non disponga il titolo,
vanno regolati secondo la disciplina dei rapporti di vicinato".
"La presunzione di proprietà comune dei cortili,
dettata dall'art. 1117 c.c. in materia di condominio, è applicabile
anche nel caso in cui un cortile sia circondato da edifici appartenenti
a proprietari diversi. A vincere la presunzione di comunione - la quale
trae origine dal silenzio del titolo - è necessario che il titolo
contrario - vale a dire l'attribuzione di proprietà esclusiva ad
una o a più determinate persone - risulti in modo non equivoco".
"Il cortile (sia esso interno al fabbricato condominiale
ovvero racchiuso da costruzioni di proprietà distinta e destinato
a dare ad esse accesso, luce ed aria) rientra fra le cose in comunione
ex art. 1117 c.c. che i proprietari pro quota usano iure domini e non iure
servitutis, con la conseguenza che il comportamento relativo
del singolo partecipante alla comunione costituisce utilizzazione legittima
della cosa comune ex art. 1102 c.c., se mantenuto nei limiti posti dalla
norma stessa (nella specie, transito pedonale e veicolare attraverso il
cortile, previa apertura di nuovi accessi ad esso attraverso il muro delimitante
fabbricati insistenti sul cortile stesso)".
"Allorché un cortile già appartenente ad
un condominio diventi proprietà individuale, da un lato il proprietario
è obbligato a rispettare le aperture esistenti all'atto della separazione
e dall'altro i proprietari dell'immobile a cui era annesso il cortile non
possono creare nuove vedute (né altre servitù) e debbono
da quel momento rispettare le norme sulle distanze legali tra proprietà
confinanti".
"In un edificio in condominio la funzione naturale di
un cortile, di fornire aria e luce alle unità abitative che vi prospettano,
non è in- compatibile con l'appartenenza o la destinazione di esso
all'uso esclusivo di uno o più condomini, né l'obbligo da
parte di costoro di rispettare quella funzione comporta il sorgere di diritti
particolari in favore degli altri partecipanti al condominio".
"Con riguardo all'utilizzazione del sottosuolo di un cortile
interno in fabbricato condominiale, effettuata dal singolo condomino per
l'installazione di un impianto di riscaldamento destinato alla sua proprietà
esclusiva, la configurabilità di uno spoglio o di una turbativa
del compossesso di altro condomino (denunciabile con azione di reintegrazione
o manutenzione) postula il riscontro di una situazione di compossesso del
cortile medesimo da parte di questo altro condomino (corrispondente all'esercizio
del diritto di proprietà e non di un mero diritto di servitù
di passaggio), desumibile anche dalla destinazione funzionale del bene
al soddisfacimento di esigenze di accesso, affaccio, luce ed aria dei singoli
partecipando, oltre che, ad colorandam possessionem, dalla
sua inclusione, in difetto di titolo contrario, fra le parti comuni dell'edificio
(artt. 1117 c.c.), nonché l'accertamento ulteriore che l'indicata
utilizzazione ecceda i limiti segnati dalle concorrenti facoltà
del compossessore, traducen- dosi in un impedimento totale o parziale ad
un analogo uso da parte di questo ultimo".
(Trib. Milano, 12 febbraio 1987)
"Lo stabilire se in concreto una determinata area adiacente
ad un edificio in condominio costituisca, o meno, pertinenza dell'entità
condominiale, e faccia parte della struttura del condominio stesso, esige
una valutazione dello stato effettivo dei luoghi e dei rapporti strutturali
intercorrenti tra i manufatti condominiali e la suddetta area, che si traduce
in un apprezzamento di fatto incensurabile in Cassazione".
"In tema di condominio di edifici l'apertura di un varco
su un muro comune che metta in comunicazione il terreno di proprietà
esclusiva di un singolo condomino con quello comune non dà luogo
alla costituzione di una servitù (che richiederebbe il consenso
di tutti i condomini) quando il terreno comune viene già usato come
passaggio pedonale e carrabile, sempre che l'opera realizzata non pregiudichi l'eguale godimento della cosa comune da parte degli altri condomini,
vertendosi in una ipotesi di uso della cosa comune a vantaggio della cosa
propria che rientra nei poteri di godimento inerenti al dominio."
<Pozzo luce > "Correttamente il giudice del merito, in assenza di un
titolo contrario, ritiene la natura comune del pozzo luce, ai
sensi dell'articolo 1117 del Cc, trattandosi di un cortile di piccole dimensioni
circoscritto dai muri perimetrali e dalle fondamenta dell'edificio comune,
destinato prevalentemente a dare aria e luce a locali secondari. Essendo
sottoposto, il riferito bene, al medesimo regime giuridico del cortile,
esattamente è disposta la condanna di uno dei condomini a rimuovere
la tettoia installata sullo stesso ".
Innovazioni vietate - Area cortilizia - Assegnazione di posti di parcheggio in via esclusiva - E' tale. "Integra una innovazione vietata ai sensi dell'articolo
1120, comma 2, del Cc l'assegnazione in via esclusiva e nominativa, ai
condomini, di posti di parcheggio nel cortile-giardino di proprietà
comune, atteso che viene a incidere sulla sfera dei diritti reali dei condomini,
in quanto sottrae all'utilizzo di quei condomini che non posseggono la
seconda macchina una parte rilevante della cosa comune."
"L'uso particolare del cortile comune da parte di un singolo
condomino è legittimo a condizione, da un lato, che il manufatto
realizzato non alteri l'utilizzazione del cortile praticata dagli altri
condomini, dall'altro, che non escluda, per gli altri, la possibilità
di fare del cortile medesimo analogo uso particolare. Correttamente pertanto
il giudice del merito ritiene illegittima la realizzazione, nel cortile
comune, di un vano scale allo scopo di consentire un nuovo accesso al seminterrato
di proprietà di un singolo condomino qualora accerti che tale manufatto,
per le sue caratteristiche strutturali e dimensionali compromette
l'uso e il godimento del cortile comune come esercitato in pre- cedenza
da parte degli altri condomini."
ASCENSORE
"Il regolamento di condominio può contenere una
clausola la quale affermi che la proprietà comune si estende agli
ascensori, clausola che non vale a sottoporli al regime della comunione
in generale, ben- sì vale a rendere assoluta la presunzione
relativa di cui all'art. 1117 c.c., con conseguente applicazione della
normativa condominiale ed, in particolare, degli artt. 1120 e 1121 c.c.".
"L'ascensore, quando non sia installato originariamente
nell'edificio all'atto della sua costruzione e vi venga installato successivamente
per iniziativa di tutti o parte dei condomini, non costituisce proprietà
comune di tutti i condomini, bensì appartiene in proprietà
a quei condomini che l'hanno impiantato a loro spese, salvo la facoltà
degli altri condomini prevista dall'art. 1121, ultimo comma, c.c., di partecipare successivamente all'innovazione".
"Non risultando il contrario dai titoli di acquisto
delle singole proprietà individuali, l'ascensore deve considerarsi
di proprietà comune anche dei condomini proprietari di negozi siti
al piano terreno, poi- ché occorre far riferimento non all'utilizzo
in concreto, ma alla potenzialità del medesimo".
CITOFONO E PORTONE
"Non sono innovazioni gravose o voluttuarie le opere seguenti,
in quanto volte alla sicurezza dei beni, ovvero di utilità intrinseca
ed immediata: la sostituzione di portone di ingresso con altro di metallo,
la messa in opera per il portone di ingresso di serratura elettrica e del
dispositivo di chiusura automatica, il rifacimento in travertino del rivestimento
dell'androne, la messa sotto traccia dei cavi dell'energia elettrica e
del telefono, l'impianto citofonico, la trasformazione della fornitura
e distribuzione dell'acqua potabile dal metodo a luce tassata a quello
a contatore".
" La sostituzione di un portone con uno nuovo è
una lecita modifica.
"L'installazione di un impianto di campanello e citofono,
per consentire il collegamento con l'esterno di un appartamento in edificio
condominiale e l'apertura del portone di quest'ultimo, non integra imposizione di servitù a carico della proprietà condominiale,
ma configura un uso del bene comune, legittimo nei limiti in cui non ne
alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne
parimenti uso."
FOGNATURA
"Nell'ipotesi di cose destinate in modo permanente
all'uso di edifici limitrofi, ma ubicate nell'area di uno solo di essi
(nella specie: scarico fognario), l'applicabilità della presunzione
di comunione di cui all'art. 1117 c.c. postula che quella destinazione
all'uso comune sia avvenuta allorché era ancora unico il proprietario
di entrambi gli edifici, atteso che, ove questi abbia venduto anche uno
degli appartamenti dello stabile nella cui area si trova quel bene, il
bene stesso diventa comune nell'ambito di detto stabile e può essere
esteso in comunione a terzi solo con il consenso dei relativi
condomini".
In tema di condominio, poiché, ai sensi dell'art.1117,
comma 3, cod. civ., i canali di scarico sono comuni solo fino al punto
di diramazione degli impianti ai locali di proprietà esclusiva
e poiché la "braga" di raccordo tra la colonna verticale di scarico
comune e la tubazione orizzontale di pertinenza di un appartamento in proprietà
esclusiva è inserita in quest'ultima, dei danni derivati a terzi
dalla rottura di tale "braga" risponde il condomino e non il condominio.
LOCALI COMUNI
"Per l'art. 4 lett. b) R.D.L. 15 gennaio 1934, n. 56 (corrispondente
al n. 2 dell'art. 1117 vig. c.c.) erano da considerarsi comuni, salvo titolo
contrario, oltre ai locali destinati ad uso di portineria ed alloggio del
portiere, anche quelli adibiti a lavanderia e quelli contenenti
i serbatoi dell'acqua, gli impianti di riscaldamento comune e simili.
A quelli suindicati va assimilato un locale destinato alla raccolta di
rifiuti, ossia a un servizio di comune interesse per i condomini; a nulla
rileva che detto locale, originariamente approntato per il soddisfacimento di esigenze generali e fondamentali del condominio, non sia stato
mai utilizzato per lo scopo per cui era stato costruito, perché
la presunzione di comunione può essere superata solo dal titolo".
" Qualora nel cortile oggetto di proprietà
individuale, ancorché posto in uno stabile condominiale, risultino
costruiti due locali contenenti la caldaia e la pompa dell'acqua dell'edificio,
per decidere se detti locali appartengano, in virtù di accessione,
al proprietario del cortile o siano, invece, oggetto di proprietà comune a tutti
i condomini, non basta fondarsi sul rilievo che i titoli di acquisto nulla
dispongono in ordine ai locali, i quali pertanto vanno considerati comuni,
ma occorre svolgere un'indagine intorno all'epoca in cui essi vennero
costruiti rispetto all'epoca in cui vennero acquistati gli appartamenti
e occorre, altresì, tener presente il comportamento delle parti
successivo alla creazione del condominio".
" In tema di condominio in complesso immobiliare
costituito da più fabbricati, il locale che risulti strutturalmente
parte integrante di uno di detti fabbricati può ritenersi oggetto
di comunione in favore di tutti i condomini del complesso, anziché
soltanto di quelli dell'indicato fabbricato, esclusivamente in forza di
specifico titolo, e non anche per la circostanza della sua destinazione
a sede delle assemblee condominiali dell'intero complesso immobiliare.
Tale destinazione del locale, infatti, non è rivolta a soddisfare
un bisogno connesso al godimento dei singoli appartamenti, e, pertanto,
non è di per sé idonea a comportarne una presunzione di comunione,
secondo la previsione di cui all'art. 1117 n. 2 C.C."
"Nell'ipotesi in cui l'unico proprietario di un edificio
diviso in appartamenti destini un appartamento ad alloggio del portiere,
si verifica la costituzione di un rapporto pertinenziale tra il detto appartamento,
pertinenza destinata a servizio di portierato, e gli altri appartamenti
dell'edificio, cose principali; si ha successivamente costituzione di condominio
alla morte dell'unico proprietario che, con testamento olografo, procedendo
a divisio inter liberos, abbia lasciato ad un figlio l'appartamento
avente quella destinazione, espressamente menzionata nel testamento,
distribuendo gli altri appartamenti tra gli altri figli, ed abbia disposto
che il figlio al quale veniva lasciato l'apparta- mento destinato a servizio
di portierato, stante questa destinazione, "dovrà percepire la relativa
pigione dal condominio"; convenuto il condominio in giudizio dal proprietario
dell'appartamento con la detta destinazione perché venisse dichiarata
cessata la locazione che si sarebbe costituita fra le parti relativamente
a quell'appartamento, incorre nel vizio di omesso esame di un punto decisivo
della controversia il giudice che ritenga costituito il detto rapporto
di locazione, per effetto della disposizione testamentaria, fondando il
suo convincimento sul termine "pigione" usato dal testatore: sarebbe
stato necessario accertare se il testatore aveva inteso mantenere ferma
la destinazione pertinenziale imponendone il rispetto agli credi con disposizione modale."
"La presunzione di comunione stabilita dall'art. 1117
c.c. sussiste con riguardo ai locali destinati a portineria e ad abitazione
del portiere quando gli stessi facciano parte dell'edificio condominiale,
con la conseguenza che, in caso contrario, non operando la presunzione
di comunione, i detti locali rientrano tra le parti condominiali soltanto
se siano costruiti su suolo, risultante in base ai titoli di proprietà
comune".
" Le parti dell'edificio condominiale (locali per
la portineria e per
l'alloggio del portiere ecc.) indicate aln. 2) dell'art.
1117 c.c., che, al
pari di quello indicate ai nn. 1) e 3) dello stesso articolo,
sono oggetto di proprietà comune se il contrario non risulta dal
titolo, sono anche suscettibili, e differenza delle parti dell'edificio
di cui ai citati nn. 1 e 3, di utilizzazione individuale, in quanto la
loro destinazione al servizio collettivo dei condomini non si pone in termini
di assoluta
necessità; pertanto, in relazione ad esse, occorre
accertare, nei singoli casi, se l'atto che le sottrae alla presunzione
di proprietà comune contenga anche la risoluzione o il mantenimento
del vincolo di desti- nazione derivante dalla loro natura, configurandosi,
nel secondo ca- so, l'esistenza di un vincolo obbligatorio "propter rem",
fondato su una limitazione del diritto dei proprietario e suscettibile
di trasmissione, in favore dei successivi acquirenti dei singoli appartamenti,
anche in mancanza di trascrizione (peraltro possibile ai sensi dell'art.
2646 c.c.)."
"Un manufatto posto nel cortile antistante il fabbricato
condominiale ed esterno allo stesso, che non sia stato adibito a servizi
comuni (nella specie: portineria) non é, per struttura e funzione,
compreso nelle parti comuni dell'edificio condominiale indicate nell'art.
1117 c.c. né può ritenersi tale, in difetto della chiara
volontà delle parti risultante dal titolo per il semplice fatto
che esso risulti denunziato come adibito a portineria, in quanto la classificazione
catastale dei beni ha carattere meramente descrittivo in relazione ad un
onere nei confronti della proprietà e non è idonea, quale
mezzo sussidiario di prova, a prevalere sulla contraria volontà
dei proprietari."
MURI MAESTRI
"I muri perimetrali di un edificio condominiale, che per
tutta la loro estensione costituiscono oggetto di comunione pro indiviso,
sono destinati esclusivamente al servizio dell'edificio medesimo, di
cui costituiscono parte organica, con la conseguenza che non possono
essere usati dal singolo condomino, in mancanza di preventiva convenzione
con tutti gli altri condomini, per l'utilità di altro contiguo immobile
di sua esclusiva proprietà".
"L'espressione "muro maestro" contenuta nell'art. 1117
c.c., non va riferita solamente all'intelaiatura di pilastri e di architravi
che costituisce l'ossatura dell'edificio costruito in cemento armato,
ma anche ai pannelli in muratura di mattoni o di altro materiale che riempiono
all'esterno i vani e compongono l'insieme dell'edificio, che, senza di
essi, sarebbe un vuoto scheletro privo di funzionalità pratica;
le predette murature, concorrendo a formare i muti perimetrali, non servo-
no solo a delimitare i singoli appartamenti, ma costituiscono parte organica
ed essenziale dell'intero fabbricato condominiale, del quale completano
la struttura e la linea architettonica, onde vale anche per esse la presunzione
legale di comunione".
" I muri perimetrali di un edificio condominiale sono
oggetto di proprietà comune anche nelle parti in cui delimitano
un piano ottenuto con la sopraelevazione dello stabile, perché anche
in quelle parti essi adempiono strutturalmente una funzione che interessa
tutti i partecipanti al condominio".
" I muri che limitano verso l'esterno gli appartamenti
del piano atti- co, anche nei casi in cui non abbiano funzione di sostegno
della copertura dell'edificio, non possono essere considerati come avulsi
dalla struttura unitaria del fabbricato condominiale, del quale contribuiscono a formare la complessa struttura architettonica; essi pertanto
rientrano tra le parti comuni dell'edificio a norma dell'an 1117, n. 1,
c.c."
"In tema di condominio negli edifici, debbono comprendersi
tra le parti dell'edificio necessarie all'uso comune, di cui all'art. 1117,
n. 1 c.c., la destinazione delle quali, a norma del precedente art. 1102,
non può essere alterata dal singolo condominio, le parti definite
come tali dal titolo o aventi un'oggettiva attitudine al servizio ed
al godimento collettivo, tra esse non rientra un muro, di ridotte dimensioni, delimitante un terreno di proprietà esclusiva di un condomino,
ove risulti inidoneo a tutelare la sicurezza del condominio quale muro
di cinta, e idoneo soltanto a delimitare la detta proprietà esclusiva
come muro divisorio."
"Poiché il condominio negli edifici, con la conseguente
presunzione di comunione delle parti comuni di cui all'art. 1117 c.c.,
viene ad esistenza per la sola circostanza che la proprietà di piani
o di porzioni di piano di un medesimo edificio appartenga a più
titolari in proprietà esclusiva, è irrilevante, al fine
di escludere il condominio, e quindi la comunione dei muri maestri e del
tetto, la esistenza di distinti ingressi e l'assenza di locali comuni ''.
"In tema di parti comuni dell'edificio condominiale, nella
nozione di muri maestri di cui all'art. 1117 c.c. rientrano i pannelli
esterni di riempimento fra i pilastri in cemento armato, i quali - ancorché
la funzione portante sia assolta principalmente da pilastri ed architravi
- sono anch'essi eretti a difesa degli agenti atmosferici e fanno parte
della struttura e della linea architettonica dell'edificio. Né siffatta
condominialità viene esclusa dall'essere addossato ad essi il muro
di altro fabbricato costruito in aderenza, restando ciascuno degli edifici
delimitato, difeso e strutturalmente delineato dal proprio muro, con la
conseguente autonomia giuridica della disponibilità che su ciascuno hanno i diversi nuclei di condomini, senza alcuna ingerenza dell'uno
sul muro dell'altro".
"Con riguardo al muro perimetrale di un edificio condominiale,
il quale è oggetto di comunione per tutta la sua estensione, ivi
comprese le parti corrispondenti a piani e ad appartamenti di proprietà
individuale, l'utilizzazione del singolo partecipante deve ritenersi preclusa
non solo quando ne alteri la destinazione od impedisca agli altri condomini
un pari uso (art. 1102 c.c.), ma anche quando im- plichi una lesione del
diritto di altro partecipante sul bene di sua proprietà esclusiva
(nella specie, trattandosi di una scala esterna che toglieva luce ed aria
ad un sottostante appartamento)."
"Il condomino di un edificio, essendo comproprietario
dell'intero muro perimetrale comune e non di una sola parte di esso corrispondente alla sua esclusiva proprietà, può apportare a tale
muro, senza bisogno del consenso degli altri partecipanti alla comunione,
tutte le modifiche che consentono di trarre dal bene comune una particolare
utilità aggiuntiva rispetto a quella goduta dagli altri condomini
e, quindi, procedere anche all'apertura nel muro di un varco di accesso
dal cortile condominiale ai locali di proprietà esclusiva, purché
non impedisca agli altri condomini di continuare nell'esercizio dell'uso
del muro o di ampliarlo in modo e misura analoghi e non alteri la normale destinazione del muro medesimo".
"Anche le vetrate
che sostituiscono i muri perimetrali sono da considerarsi comuni"
"In tema di condominio negli edifici, la circostanza che
un muro di sostegno di un giardino di proprietà esclusiva sovrasti
un sottostante terreno di proprietà condominiale, adibito a passaggio,
non è di per sé sufficiente all'inclusione del muro medesimo
fra le parti comuni, ai sensi dell'art. 1117 c.c., con le relative conseguenze
in ordine al- l'onere delle spese di riparazione, atteso che la suddetta
opera, per sua natura destinata a svolgere funzione di contenimento di
quel giardino, e quindi a tutelare gli interessi del suo proprietario,
può essere compresa fra le indicate cose comuni solo ove ne risulti
obiettivamente la diversa destinazione a servizio di tutti i condomini,
in quanto necessaria a consentire detto passaggio."
"I muri perimetrali dell'edificio in condominio, pur non
avendo funzione di muri portanti, vanno intesi come muri maestri al fine
della presunzione di comunione di cui all'art. 1117 c.c., in quanto determinano la consistenza volumetrica dell'edificio unitariamente considerato
proteggendolo degli agenti atmosferici e termici, delimitano la superficie
coperta e delineano la sagoma architettonica dell'edificio stesso, pertanto,
nell'ambito dei muri comuni dell'edificio rientrano anche i muri collocati
in posizione avanzata o arretrata rispetto alle principali linee verticali
dell'immobile".
" I muri perimetrali di un edificio, anche se relativi
a chiostrine o cortili su cui affacciano solo una parte dei condomini,
sono comuni a tutti i proprietari di unità immobiliari dello stabile,
in quanto, costituendo l'ossatura della costruzione, svolgono una funzione
di utilità comune, anche se, ovviamente, più intensa per
coloro che hanno appartamenti prospicienti su dette chiostrine o cortili.
Pertanto, alle assemblee condominiali che devono deliberare su argomenti
interessanti i muri perimetrali hanno diritto di partecipare tutti i
condomini dello stabile e non solo quelli che, per la particolare posizione
delle loro unità immobiliari, traggono da detti muri un vantaggio
particola- re rispetto al vantaggio generale e comune derivante dalla naturale
funzione degli stessi."
Rientrano nell'ambito dei muri condominiali, ex art. 1117
n. 3 c.c., anche i parapetti posti alla sommità dell'edificio, svolgendo
funzione di coronamento dell'intero stabile, le cui spese di riparazione
debbo- no essere ripartite fra i condomini ex art. 1123 c.c.; pertanto,
la determinazione della maggioranza dei condomini partecipanti all'assemblea di esonerare alcuni condomini dall'onere di spesa, con pregiudizio
per i proprietari gravati, costituisce una tipica violazione dei diritti
individuali sindacabili sotto il profilo della nullità.
"Le spese per la tinteggiatura dei muri esterni e degli
infissi di una singola immobiliare non possono essere poste a carico del
proprietario, se non risulti da apposita deliberazione assunta con il consenso
di tutti i condomini."
"Ai sensi del combinato disposto degli artt.1102 e 1139
cod. civ., costituisce uso legittimo della cosa comune l'utilizzazione
dei muri comuni da parte del singolo condomino per installarvi tubature
per lo scarico di acque o per il passaggio del gas nonché sfiatatoi
per evitare il ristagno di odori."
"Le attribuzioni dell' assemblea, ai sensi dell'art. 1135
del Cod. civ., non comprendono il potere di introdurre deroghe ai criteri
fissati dalla legge. Pertanto, la deliberazione assembleare che deroghi
dalle norme di legge, incidendo sui diritti individuali del singolo condomino, è inefficace nei confronti del condomino dissenziente per nullità
radicale, deducibile senza limitazioni di tempo (non essendo meramente
annullabile)".
SCALA E ANDRONE
"La scala che serve stabili appartenenti a diversi proprietari,
deve essere considerata strutturalmente e funzionalmente bene comune indivisibile
per presunzione di legge, salvo titolo contrario: devono altresì
ritenersi comuni i muretti che la fiancheggiano e che svolgono la funzione
di parapetto e di ringhiera-appoggio."
"I pianerottoli, quali componenti essenziali delle scale
comuni, sono per presunzione di legge, salvo diverso titolo, comuni tra
tutti i condomini; essi non possono essere, quindi, incorporati nell'appartamento di proprietà esclusiva del singolo condomino, in quanto tale
incorporazione costituisce un'alterazione della destinazione della cosa comune ed un'utilizzazione esclusiva di essa, lesiva del concorrente
diritto degli altri condomini".
"L'androne e le scale di un edificio sono oggetto di proprietà
comune, ai sensi dell'art. 1117 c.c., anche dei proprietari di locali
terranei, che abbiano accesso direttamente dalla strada, in quanto costituisco-
no elementi necessari per la configurabilità stessa di un fabbricato
come diviso in proprietà individuali, per piani o porzioni di piano,
e rappresentano, inoltre, tramite indispensabile per il godimento e la
conservazione, da parte od a vantaggio di detti soggetti, delle strutture di copertura, a tetto od a terrazza; è pertanto legittima,
e non costituisce spoglio, l'apertura praticata dal proprietario esclusivo
di un terraneo con accesso diretto dalla strada, per accedere all'androne, in quanto diretto ad utilizzare una parte dell'edificio da ritenersi
comune, senza pregiudizio per gli altri condomini".
"I pianerottoli, quali elementi essenziali della scala
di accesso ai diversi piani dell'edificio in condominio, sono per presunzione
di legge, salvo diverso titolo, in comproprietà fra tutti i condomini;
pertanto la loro utilizzazione da parte dei singoli condomini è
soggetta alla disciplina propria dell'uso individuale della
cosa comune, con la conseguenza che è del tutto legittima la creazione
di un secondo ingresso ad un appartamento di proprietà esclusiva,
in corrispondenza dei pianerottolo antistante, ove non limiti il godimento
degli altri condomini e non arrechi pregiudizio all'edificio ed al suo
decoro architettonico".
"Nell'ipotesi in cui un androne costituisca parte comune
di due contigui edifici uno dei quali appartenente ad un solo proprietario
e l'altro costituito in condominio, qualora nei vari contratti di acquisto
delle singole porzioni di piani sia stata inserita la clausola, recepita
anche nel regolamento di condominio, di immutabilità dell'androne
predetto senza la concorde volontà di tutti i condomini, non è
valida la modificazione dell'androne disposta sulla base della volontà
dell'unico proprietario dell'edificio indiviso e di una deliberazione
dell'assemblea condominiale formata ed espressa secondo le disposizioni
di legge, ma in contrasto con la volontà anche di un solo condomino
comproprietario".
"La controversia instaurata da un condomino che chiede
la rimozione di un cancello posto da altro condomino, con l'autorizzazione
dell'assemblea dei condomini, a chiusura del pianerottolo dell'ultimo piano
della scala comune dell'edificio, dopo avere dotato di chiavi tutti gli
altri condomini, appartiene, anche quando sia stato chiesto l'accertamento
incidentale della nullità della delibera assembleare di autorizzazione,
alla competenza del giudice conciliatore perché, non essendovi contestazione
sull'esistenza del diritto, è relativa alle modalità di godimento
della cosa comune."(C.p.c. art.7; c.p.c. art.42; c.c. art.1117)
"Ove al momento della costituzione del condominio, mediante
la vendita del primo appartamento di questo, alcune parti del fabbricato
siano indicate come comuni (nella specie superficie al
piano terra e l'androne), tali parti devono rimanere comuni anche nei confronti
dei successivi acquirenti delle altre unità immobiliari con l'ulteriore
conseguenza, da un lato, che le stesse non possono essere trasferite in
proprietà esclusiva a un terzo, dall'altro, che il trasferimento
eventualmente posto in essere dall'originario proprietario non è
opponibile agli altri condomini, divenuti comproprietari anche di quelle
parti comuni sin dal momento del costituirsi del condominio."
SOLAIO
" I solai tra l'una e l'altra sezione orizzontale,
cioè
tra l'uno e l'altro piano di un edificio, devono considerarsi comuni ai
proprietari interessati in applicazione del principio fissato dall'art.
1117 c.c.
"Nell'ipotesi in cui, a causa del suo deterioramento e
per ragioni di ordine tecnico, il solaio esistente fra due piani sovrapposti
di un edificio sia sostituito da un diverso tipo di solaio di minor spessore,
il proprietario dei piano sottostante, che ne ha conseguito un amplia-
mento per maggiore altezza ed una migliore utilizzazione dei suoi locali,
non è tenuto a versare alcun compenso al proprietario del
piano sovrastante, sempre che non venga menomato il suo godimento sul
solaio comune o danneggiata la sua proprietà esclusiva (nella specie
con il mantenimento del pavimento del piano superiore allo stesso precedente
livello). Infatti, il vantaggio conseguito dal proprietario del piano
inferiore non costituisce arricchimento indebito, essendo l'effetto di
un'opera eseguita nell'interesse comune, mentre tale sostituzione non comporta
lesione del diritto di comproprietà spettante al proprietario del
piano superiore, che ha per oggetto il solaio considerato in se stesso
e non già lo spazio pieno o vuoto da esso occupato"
.
" Il sottotetto di un edificio può considerarsi
pertinenza dell'apparta- mento sito all'ultimo piano solo quando assolva
la esclusiva funzione di isolare e proteggere l'appartamento stesso dal
caldo, dal freddo e dall'umidità, tramite la creazione di
una camera d'aria, e, quindi, non anche quando abbia dimensioni e caratteristiche
strutturali tali da consentirne l'utilizzazione come vano autonomo (deposito,
stenditoio ecc.), in quest'ultima ipotesi l'appartenenza va determinata
in base al titolo, e, in sua mancanza, poiché il sottotetto non
è compreso nel novero delle parti comuni dell'edificio, essenziali
per la sua esistenza (tetto, muri maestri, suolo ecc.) o necessarie all'uso
comune, la presunzione di comunione ex art. 1117 n. 1 c.c. è applicabile
solo quando il sottotetto risulti in concreto, per le caratteristiche strutturali
e funzionali, sia pure in via potenziale, oggettivamente destinato all'uso
comune, o all'esercizio di un servizio d'interesse comune".
SUOLO E SOTTOSUOLO
"Nel condominio di edifici, salvo titolo contrario, la
proprietà del singolo condomino sul piano terreno è limitata
al pavimento del piano, mentre restano comuni il suolo ed il sottosuolo,
necessari al sostegno di tutto il fabbricato".
"Il suolo su cui sorge l'edificio, che a norma dell'art.
1117 n. 1 c.c. è presunto comune tra i condomini di un edificio,
è soltanto quello occupato e circoscritto dalle fondamenta e dai
muri perimetrali esterni, mentre il suolo adiacente o circostante può
rientrare tra le cose comuni unicamente per diverso titolo".
"Per il combinato disposto degli artt. 1117 e 840 c.c.,
il sottosuolo costituito dalla zona esistente in profondità al di
sotto dell'area superficiaria che è alla base dell'edificio
condominiale, ancorché non menzionato espressamente da detto art.
1117, va considerato di proprie- tà comune in mancanza di un titolo
che ne attribuisca la proprietà esclusiva a uno dei condomini, e
ciò con riguardo alla funzione di sostegno che esso contribuisce
a svolgere per la stabilità del fabbricato. Pertanto, un condomino
non può senza il consenso degli altri partecipanti alla comunione
procedere alla escavazione in profondità del sottosuolo per ricavarne
nuovi locali o per ingrandire quelli preesistenti, giacché con
l'attrarre la cosa comune nell'orbita della sua disponibilità
esclusiva, viene a ledere il diritto di proprietà dei condomini
su una parte comune dell'edificio".
"Per il suolo su cui sorge l'edificio", con riferimento
al quale l'art. 1117 n. 1 c.c. stabilisce una presunzione di comunione,
deve intendersi quell'area dove sono infisse le fondazioni che
si trova sotto il piano scantinato più basso. Ne consegue che i vani
ubicati sopra il "suolo", nel senso indicato, ancorché sotto il
livello del circostante piano di campagna, possono presumersi comuni non
in forza della estensibilità al sottosuolo della disciplina relativa
al suolo, ma solo se ed in quanto risultino obiettivamente destinati all'uso
e al godimento comune secondo le altre previsioni contenute nel citato
articolo."
" Poiché l'edificio condominiale comprende l'intero
manufatto che
va dalle fondamenta al tetto e quindi anche i vani
scantinati compresi tra le fondamenta stesse, il suolo su cui sorge l'edificio,
oggetto di proprietà comune ai sensi dell'art.1117 c.c., è
non la superficie, a
livello di campagna, che viene scavata per la posa delle
fondamenta,
bensì quella porzione del terreno sulla quale
viene a poggiare l'intero
edificio, e, immediatamente, la parte infima dello stesso.
Ne consegue che il "vespaio", consistente in riempimento calcareo
a nido d'ape in terra di riporto, sottostante al pavimento del
piano terra, che
TETTI E LASTRICI SOLARI
"Il tetto di un edificio condominiale, in quanto è
destinato alla copertura della parte sottostante, deve considerarsi comune
ai proprietari interessati, in base alla presunzione ex art. 1117
c.c."
"La distinzione tra lastrico solare, soggetto alla presunzione
di comunione sancita dall'art. 1117 C.c., e terrazza a livello, oggetto
tipico di proprietà esclusiva, è fondata sul rilievo che
quest'ultima, oltre ad avere una funzione di copertura rispetto alla sottostante
porzione di fabbricato, costituisce strutturalmente e funzionalmente parte
integrante dell'appartamento dal quale ad essa si accede".
"La qualificazione del tetto e del lastrico solare come
parti costitutive dell'intero edificio condominiale e, quindi, come parti
costitutive dell'unità organica costituita dal complesso di piani
e porzioni di piani unificati in un'unica struttura è elemento necessario
e sufficiente a giustificare, anche in caso di proprietà esclusiva
del condomino proprietario dell'ultimo piano dell'edificio, il concorso
alle spese di manutenzione".
"Il lastrico solare di un edificio condominiale, che sia
stato venduto dal costruttore ed originario proprietario dell'intero edificio
come area interamente edificabile, in forza di valido titolo opponibile
agli acquirenti delle altre unità immobiliari, non rientra fra le
parti comuni, secondo la previsione dell'art. 1117 c.c.; in tale ipotesi,
pertanto, l'assemblea del condominio, ancorché in sede di approvazione
del regolamento, non può disciplinare e limitare il diritto di costruire
sul lastrico, senza il consenso del relativo proprietario".
"Le norme sul condominio degli edifici, consentendo la
divisione del- la proprietà per piani orizzontali, escludono l'applicazione
dell'accessione anche nell'ipotesi di costruzioni, quale un giardino
pensile in continuazione di una terrazza a livello annessa ad un appartamento,
facenti corpo con l'edificio condominiale, ma sporgenti dalla sua linea
verticale e gravanti su arca appartenente al condominio: in tal caso occorre
accertare in base al titolo o, in mancanza, in base alla presunzione di
cui all'art. 1117 c.c. se la riconosciuta comunione dell'arca di base su
cui la sporgenza sorge comporti o meno la comunione anche del
piano (o dei piani) e delle porzioni di piano (o di piani) sporgenti
o comunque sorgenti sopra tale area".
"Il lastrico solare riveste, nel quadro della sua normale
destinazione,
una duplice attitudine: quella tipica di copertura del
fabbricato sottostante e quella di superficie praticabile; il condomino
che, non impedendo un pari uso agli altri partecipanti e lasciando inalterate
le possibilità delle concorrenti utilizzazioni, realizzi ex novo
una fruizione del secondo tipo per mezzo di opere che consentono un uso
più intenso ed agevole di quello precedente (nella specie: si
tratta di una scala a chiocciola costruita nella proprietà esclusiva
del condomino, attraverso la quale il medesimo accede al lastrico solare
di proprietà comune, lasciando inalterato il vecchio passaggio,
con scala a pioli, in precedenza utilizzato, in comune, dai vari condomini)
non altera per ciò stesso la destinazione del bene, trasformandolo
in terrazzo, né viene ad integrare una ipotesi di uso esclusivo
ovvero di interferenza sull'equilibrio dei contrapposti interessi condominiali;
la sua azione, al contrario, si mantiene nei limiti di normalità
di cui all'art. 1102 c.c."
"Un condomino non può trasformare un manufatto
condominiale avente la sola funzione di copertura (nella specie un tetto)
in una terrazza a livello per il proprio uso esclusivo, atteso che in
siffatto modo viene alterata la destinazione della cosa comune e si attrae,
in contrasto con l'art. 1102 c.c., nella proprietà esclusiva un
bene di uso condominiale, senza che la situazione possa trovare una analogia
con l'art. 1127 c.c. (costruzione sopra l'ultimo piano dell'edificio) perché
quest'ultima disposizione presuppone il pagamento di una indennità
e la ricostruzione dell'intero tetto o del lastrico solare a livello
superiore, senza pregiudizio per la proprietà condominiale".
"Le pensiline poste a copertura di mansarde costituiscono
parte integrante del tetto, e devono considerarsi di proprietà comune,
per cui le relative spese di manutenzione devono ripartirsi tra tutti i
condomini secondo il criterio dell'art. 1123, 1° comma, c.c."
"Il lastrico solare quale superficie terminale dell'edificio
esercita l'indefettibile funzione primaria di protezione dell'edificio
medesimo, pur potendo essere utilizzato in altri usi accessori, come quello
del terrazzo. L'anzidetta funzione accessoria del lastrico solare a terrazza in uso esclusivo di un solo condomino, come non fa venir meno la sua
destinazione primaria all'uso comune, così in mancanza di un titolo
contrario lascia inalterata la presunzione di proprietà comune di
cui all'art. 1117 C.C."
"Una pensilina sovrastante la mansarda che sia inserita
nella superficie del tetto dell'edificio condominiale e che, sporgendo
oltre il bordo dei balconi sottostanti, assuma per questi ultimi, una funzione
di protezione è da considerarsi destinata all'uso ed al godimento
comune, con conseguente presunzione di comunione ex art.1117 c.c."
"Il condomino che inserisce la propria canna fumaria nel
lastrico solare comune, incorporandone una porzione, con opere murarie,
al servizio esclusivo del proprio appartamento, pone in essere un atto
di utilizzazione particolare della cosa che non ne compromette necessariamente
la destinazione e che deve essere, pertanto, considerato del tutto legittimo
se, trattandosi della occupazione di una zona periferica di una parte del
tutto trascurabile rispetto alla superficie complessiva del lastrico, possa,
in concreto, escludersi che la predetta utilizzazione menomi la funzione
di copertura e calpestio del lastrico o le possibilità di uso degli
altri comproprietari." (C.c. art.1102)."
USO DELLE PARTI COMUNI
L'articolo 1102 del Cc. consente al comproprietario l'utilizzazione
della cosa comune anche in modo particolare e più intenso, ma, ponendo
il divieto di alterare la destinazione della cosa e di impedire agli altri
partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto, esclude che
l'utilizzo del singolo possa risolversi in una compressione quantitativa
o qualitativa di quello, attuale o potenziale, di tutti i comproprietari.
Un locale adibito a gabinetto non può, pertanto, essere utilizzato
da uno dei partecipanti alla comunione anche per uso di decenza degli avventori
di un bar aperto in un locale di sua proprietà esclusiva, giacché
tale uso, pur non essendo idoneo all'asservimento del bene, da un lato,
modifica la naturale destinazione del gabinetto a essere utilizzato
dai soli comproprietari e, dall'altro, altera il rapporto di equilibrio
tra i diritti concorrenti dei singoli comunisti.
Nell'ipotesi di costruzioni eseguite da un condomino sul suolo comune non trovano applicazione, in presenza della disciplina speciale dettata in tema di comunione, le norme relative all'accessione, costituendo innovazione della cosa comune una modificazione della forma o della sostanza del bene che abbia l'effetto di alterarne la consistenza materiale e la destinazione originaria. La realizzazione da parte di un comproprietario di un ulteriore rampa di una scala comune e di un torrino su di un solaio egualmente comune è conseguentemente idonea sia a comportare l'appropriazione da parte sua del vano occupato dalla nuova rampa e dalla superficie del torrino con l'effetto della definitiva sottrazione di questi all'uso degli altri condomini, e sia da apportare modifiche strutturali alla scala e al solaio nella loro primitiva configurazione e il loro assoggettamento a un uso, non solo più intenso, ma estraneo a quello originario.
" La deliberazione della maggioranza di locare un immobile condominiale è obbligatoria per la minoranza dissenziente." (Tribunale di Udine 11.04.1957)
"Nel caso in cui un appartamento condominiale sia stato dato in locazione, spetta alla maggioranza disdire e far cessare il contratto, alla scadenza contrattuale, anche in contrasto con la minoranza dissenziente, in quanto la maggioranza necessariamente stabilisce le modalità di amministrazione e di godimento della cosa comune (in assenza di norme contrattuali a proposito)." (Cass. 25/07/1995, n. 8085)
"Il comproprietario può agire in giudizio per ottenere il rilascio dell'immobile per finita locazione (non più rinnovata), non ricorrendo la necessità di integrazione del contraddittorio con gli altri partecipanti, giacché si presume che esista il consenso della maggioranza di essi". (Cass. 13.07.1999, n. 7416)
" Nella comproprietà indivisa (comunione) i partecipanti possono concedere la cosa in affitto a terzi ed anche a taluno soltanto dei contitolari. Allo stesso modo, il condomino può concedere in affitto la propria quota." (Cass. 11.01.2001, n. 330)
"L'assemblea nel dare in locazione la cosa comune ad un terzo, preferendolo ad un condomino, non viola l'art. 1102 del Cod. Civ., in quanto la norma di questo articolo tutela l'uso diretto e non l'uso indiretto della cosa comune. L'assemblea può affidare la locazione ad un terzo a condizioni meno vantaggiose rispetto a quelle offerte dal condomino aspirante conduttore, in quanto il suo potere amministrativo non ha il limite del pregiudizio apportato agli interessi dei condomini (limite che invece sussiste per le innovazioni)". (Cass. 22.03.2001, n. 4270
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