USUCAPIONE



"Il condomino, per usucapire la cosa di proprietà comune, non deve dimostrare l'interesse del possesso, ma deve fornire la prova di avere sottratto la cosa all'u- so comune per il periodo utile all'usucapione e, cioè, di una condotta univoca- mente diretta arivelare che nel condominio si è verificato un mutamento di fatto nel titolo del possesso, e non la prova del mero non uso della cosa da parte degli altri condomini."
(Cass. 26 aprile 1984)


"Il godimento di una porzione comune dell'edificio da parte del singolo condo- mino (nella specie, di un terrazzo di copertura da parte del proprietario dell'ap- partamento dell'ultimo piano) può integrare possesso idoneo all'acquisto per usu- capione della porzione medesima solo quando presenti connotati di esclusività ed incompatibilità con il compossesso degli altri partecipanti, e non anche, per- tanto, per il mero fatto che si traduca in un'utilizzazione di detto bene più inten- sa o diversa da quella praticata dagli altri condomini (nella specie, avendo il sud- detto proprietario dell'attico portato luce ed acqua sul terrazzo, mediante colle- gamento con le proprie utenze)"
(Cass. 25 maggio 1984, n. 3236)


"Le aperture lucifere che si trovano all'interno di un edificio condominiale o co- munque all'interno di un complesso immobiliare integrante una proprietà condo- miniale (nella specie porta a vetri collocata tra una chiostrina di proprietà esclu- siva ed una scala di proprietà condominiale che da quella riceva luce), a diffe- renza di quelle che si aprono su un fondo aperto altrui ed alle quali fa riferimen- to l'art. 900 c.c., sono prive di quella connotazione di precarietà e mera tolleran- za che caratterizza le luci contemplate negli artt. da 901 a 904 c.c., con la con- seguenza che sono sottratte alla disciplina disposta da tali norme e che in ordine ad esse, è ipotizzabile, in favore di chi ne beneficia, la possibilità di acquisto del- la relativa servitù per usucapione o per destinazione del padre di famiglia, e così la tutela possessoria dello stato di fatto su cui si basa l'eventuale esistenza della servitù medesima."
(Cass. 14 maggio 1990)


"Il partecipante alla comunione può usucapire l'altrui quota indivisa del bene 
comune senza necessità di interversio possessionis, ma attraverso l'estensione del possesso medesimo in termini di esclusività. A tal fine si richiede, tuttavia, che tale mutamento del titolo (art. 1102, 2° comma, c.c.) si concreti in atti integran- ti un comportamento durevole, tali da evidenziare un possesso esclusivo ed ani- mo domini della cosa, incompatibili con il permanere del compossesso altrui sulla stessa e non soltanto in atti di gestione della cosa comune consentiti al sin- golo compartecipante o anche atti familiarmente tollerati dagli altri (art. 1141 c.c.) o ancora atti che, comportando solo il soddisfacimento di obblighi o eroga- zioni di spese per il miglior godimento della cosa comune, non possono dar luo- go a una estensione del potere di fatto sulla cosa nella sfera di altro composses- sore."
(Cass. 23 ottobre 1990, n. 10294)


"Non è consentita al condomino l'occupazione di una parte del bene comune, tale da portare, col concorso degli altri requisiti di legge, alla usucapione della parte occupata. Infatti l'uso della cosa comune è sottoposto dall'art.1102 c.c. ai due limiti fondamentali consistenti nel divieto, per ciascun partecipante, di alte- rarne la destinazione e di impedire agli altri partecipanti di farne parimenti uso."
(Cass. 14 dicembre 1994, n. 10669)


" Il condomino che deduce di avere usucapito la cosa comune deve provare di averla sottratta all'uso comune per il periodo utile all'usucapione e cioè deve di- mostrare una condotta diretta a rivelare in modo inequivoco che si è verificato un mutamento di fatto nel titolo del possesso, costituita da atti univocamente rivolti contro i compossessori, e tale da rendere riconoscibile a costoro l'inten- zione di non possedere più come semplice compossessore, non bastando al ri- guardo la prova del mero non uso da parte degli altri condomini, stante l'impre- scrittibilità del diritto in comproprietà.
(Cass. 2 marzo 1998, n. 2261)


" Un condomino può usucapire la quota degli altri condomini senza che sia necessaria una vera e propria interversione del titolo del possesso mediante comportamento oppositivo, esercitando il potere di fatto sul bene in termini di esclusività, ma non è dufficiente che gli altri condomini si siano astenuti dall'uso del bene comune, occorrendo che colui che opponga all'azione di reintegrazione dagli altri promossa nei suoi confronti un proprio possesso esclusivo alleghi e dimostri d'aver goduto del bene stesso in modo inconciliabile con la possibilità
di godimento altrui e tale da evidenziare un'inequivoca sua volontà di possedere uti dominus e non più uti condominus senza opposizione per il tempo utile a usucapire."
(Cass. 20 settembre 2002, n. 13747)