POTERI DELL' ASSEMBLEA
 


" I poteri dell'assemblea dei condòmini sono circoscritti alla sfera dei rap- porti relativi all'uso ed al godimento delle cose comuni e non comprendono tutto ciò che attiene all'uso ed al godimento della proprietà esclusiva dei singoli condòmini."
(Cass. 19 maggio 1935, n. 970)


" Le deliberazioni adottate dall'assemblea con la maggioranza qualificata prescritta dalla legge, nell'ambito dei poteri ad essa riconosciuti dall stessa, sono valide e, quindi, obbligatorie, per tutti i condòmini, anche se assenti e/o dissenzienti ed hanno, perciò, lo stesso valore di quelle approvate con l'unanimità dei consensi, in base alla loro natura di atti promananti dall'orga- no dalla legge legalmente costituito per la rappresentanza degli interessi della comunione, con la conseguenza che una deliberazione, se pur approvata all'unanimità, può essere, successivamente, abrogata e/o modificata con al- tro deliberato assembleare, anche se adottato, quest'ultimo, solo a maggio- ranza, purché questa sia quella prescritta dalla legge per la validità del deli- berato in relazione all'oggetto dello stesso ed al tipo di assemblea (di prima o di seconda convocazione). "
(Cass. l° ottobre 1961, n. 2246)


" I poteri dell'assemblea concernono la disciplina, anche attraverso modifi- cazione ed innovazioni, dell'uso della cosa comune e mai possono invadere la sfera della proprietà dei singoli condomini a meno che quella invasione non sia stata accettata da tutti e ciascun condònúno si sia impegnato non solo quale partecipante della comunione, ma, altresì, quale titolare esclusivo della porzione a lui spettante in proprietà."
" Le clausole limitative della proprietà individuale e quelle, in particolare, che contengono condizioni all'uso ed alla destinazione delle singole parti attribuite in proprietà esclusiva trovano la loro sede naturale nei singoli atti d'acquisto, in cui sono fissati i poteri dell'acquirente sulla cosa che acquista e sono poste le limitazioni, le servitù, i pesi opportuni. Tali clausole possono essere inserite nel regolamento di condominio, ma anche in questo caso esse traggono la loro efficacia vincolante unicamente dalla volontà delle parti, o attraverso il richiamo del regolamento e di quelle clausole limitative nei sin- goli atti di acquisto - richiamo che dà ad esse efficacia negoziale - o attra- verso la successiva espressa accettazione del regolamento in tutte le sue clausole, le quali, in quanto incidenti sulle proprietà individuali dei singoli condomini, non possono essere né abrogate, né modifìcate senza il consen- so di tutti i condòmini."
 (Cass. 22 aprile 1963, n. 1007)


" Il condominio è un Ente di Gestione  e come tale le attribuzioni a siffatto organo di gestione riconosciute dalla legge sono limitate a quelle dirette alla disciplina dell'uso ed alla conservazione o anche al miglioramento del com- pendio immobiliare comune, mentre restano escluse quelle attività tese al- l'incremento di detto compendio. La deliberazione avente ad oggetto l'acqui- sto di un immobile, pertanto, non può essere considerata come una delibe- razione dell'assemblea condominiale, bensì come un atto posto in essere da- gli intervenuti all'assemblea al di fuori della loro qualità di componenti della stessa e non riferibile, pertanto, all'organizzazione del condominio, bensì ai singoli partecipanti, uti singoli.
D'altro canto, conferma a tale principio la si desume dalla normativa tutta, nel suo complesso, relativa all'istituto della "comunione", ove è espressa- mente prevista la possibilità di costituzione di diritti reali sul fondo comune e di compiere atti di alienazione , purché vi sia il consenso di tutti i parteci- panti alla comunione (art. 1 I 08 c.c., 3°' comma), mentre nulla si dice in merito alla possibilità di incrementare il compendio comune."
(Cass. 7 giugno 1969, n. 1998)


" In virtù dei poteri dalla legge attribuiti all'assemblea, questa può esamina- re, discutere ed esprimere il proprio voto anche in merito a fatti e spese rife- rentisi ad esercizi progressi. Anche in questo caso le deliberazioni adottate - nel rispetto delle prescrizioni di legge e del regolamento condominiale - vin- colano i condòmini tutti, ivi inclusi gli assenti e/o i dissenzienti. "
(Cass. 12 agosto 1969, n. 2985)


" Il voto tende alla formazione della volontà del condominio, talché le vo- lontà individuali, dei singoli condomini, confluiscono in quella collegiale e si fondono in essa. La volontà manifestata con la deliberazione sociale è svin- colata dalla volontà delle persone fisiche che l'hanno formata: la volontà col- lettiva, pertanto, assume carattere unitario, talché la nullità di un voto non infìcia la deliberazione quando essa non incida sulla maggioranza richiesta dalla legge. "
(Trib. Torino, 15 novembre 1969)


" Nell'ipotesi in cui un androne costituisca parte comune di due contigui edifici, uno dei quali appartenente ad un solo proprietario e l'altro costituito in condominio, qualora nei vari contratti di acquisto delle singole porzioni di piano sia stata inserita la clausola - recepita anche nel regolamento di condo- minio - della immutabilità dell'androne predetto senza la volontà di tutti i condomini - non è valida la delibera che disponga la modificazione dell'an- drone sulla base della volontà dell'unico proprietario dell'edifìcio indiviso e di una deliberazione dell'assemblea condominiale formata ed espressa se- condo le disposizioni  di legge, ma in contrasto con la volontà anche di un solo condòmino comproprietario".
(Cass. 9 dicembre 1972, n. 6725)


" ... Poiché l'ordinamento, pur non riconoscendo una personalità giuridica, sia pure limitata, al condominio, attribuisce, tuttavia, ad esso potestà e po- teri sostanziali e processuali, come risulta dalla sua struttura e dai suoi orga- ni regolati da norme particolari, è applicabile, nel computo della maggioran- za dell'assemblea dei condòmini, la norma dettata in materia di società per il conflitto di interessi (art. 2373 c.c.) e, pertanto, il diritto di voto non può essere esercitato dal condòmino che in una deliberazione assembleare abbia un interesse proprio in potenziale conflitto con quello del condominio ......
(Cass. 28 gennaio 1976, n. 270)


"... qualora la delibera assembleare di un condominio di edificio venga an- nullata (nella specie per mancata formazione delle tabelle millesimali), alla manifestazione di voto a suo tempo espressa dai singoli condòmini che concorsero alla sua approvazione, non può attribuirsi l'efficacia di un'assun- zione di obblighi a titolo personale nei confronti dei terzi. " Infatti le manife- stazioni di voto espresse dai singoli condòmini, essendo dirette a formare la volontà dell'assemblea, con effetto vincolante per tutti i condòmini, anche dissenzienti e/o assenti, vincolano i soggetti che lo hanno espresso soltanto a condizione che si formi una valida deliberazione assembleare. Peraltro, in base al principio dell'apparenza accolto dall'art. 2377 c.c., comma 3°, per le società ed applicabile, per identità di ratio, anche in tema di condominio, restano salvi e sono, pertanto, azionabili nei confronti del condominio e dei singoli condòmini i diritti acquistati dai terzi in buona fede, in esecuzione della delibera impugnata, anteriormente al suo annullamento ......
(Cass. 3 maggio 1976, n. 1561)


Rientra nei poteri attribuiti dall'art. 1135 c.c. all'assemblea condominiale l'adozione di una deliberazione intesa all'adesione del condominio ad una associazione la quale, - per i servizi prestati e per l'opera di coordinamento realizzata a vantaggio della categoria - consenta ai singoli condomini un miglior godimento delle parti comuni dell'edificio.
Poiché tale adesione riguarda il condominio inteso come organizzazione di gruppo normativamente tipizzata e solo in via indiretta e riflette effetti su vari condòminii, quali facenti parte del gruppo, la deliberazione assembleare suddetta non incide sulla sfera di libertà dei condòmini uti singoli, garantita dall'art. 18 della Costituzione.
(Cass. 17 gennaio 1977, n. 227)


" E' correttamente affermata dai giudici di merito la nullità e, quindi, l'impu- gnabilità oltre il termine stabilito dall'art. 1137 c.c., comma terzo, della de- libera con la quale era stata decisa l'assoluta chiusura di un cancello di ac- cesso al cortile in determinate ore del giorno."
(Cass. 9 maggio 1977, n. 1791)


" In tema di condominio degli edifici, le deliberazioni concernenti la nomina dell'amministratore e la determinazione del compenso da corrispondere al medesimo riflettono affari di ordinaria amministrazione e, pertanto a norma dell'art. 67, terzo comma, delle disp. di att. c.c., devono essere adottate dall'assemblea con la preventiva convocazione e con il voto dell'usufruttua- rio del singolo piano o porzione di piano, non del nudo proprietario."
 (Cass. 12 gennaio 1978, n. 1241)


" I poteri dell'assemblea condominiale concernono la disciplina dell'uso del- le cose comuni, senza mai invadere la sfera delle proprietà individuali, salvo le limitazioni accettate convenzionalmente dai singoli condòmini i quali, con- seguentemente, eccettuate queste limitazioni, non possono essere autorizzati dall'assemblea ad una utilizzazione più ampia delle parti comuni che si risol- va nella violazione delle norme sui rapporti di vicinato, quale la realizzazio- ne di una veranda su un terrazzo di proprietà esclusiva, senza il rispetto del- la distanza legale dalla veduta esercitata dal proprietario dell'appartamento sovrastante."
(Cass. 21 ottobre 1980, n. 5652)


" In tema di condominio degli edifici, la validità dell'approvazione, da parte dell'assemblea dei condòmini, del rendiconto di un determinato esercizio e del bilancio preventivo per l'esercizio successivo, nonché dei relativi riparti, non postula che la predetta contabilità sia stata redatta dall'amministratore con rigorose forme analoghe a quelle prescritte per i bilanci delle società, essendo a tal fine sufficiente che essa sia idonea a rendere intelligibile ai condòmini medesimi le voci di entrata e di spesa con le quote di ripartizio- ne, né richiede che queste voci siano trascritte nel verbale assembleare ov- vero siano oggetto di analitico dibattito ed esame alla stregua della docu- mentazione giustificativa, in quanto rientra nei poteri di quell'organo delibe- rativo la facoltà di procedere sinteticamente all'approvazione stessa, pre- stando fede ai dati forniti dall'amministratore."
(Cass. 29 aprile 1981, n. 2625)


 "... L'assemblea non può rimettere al parere espresso dai singoli condòmini la propria potestà deliberatoria e la formazione delle maggioranze di legge, con la conseguenza che, ove ciò avvenga, la relativa deliberazione è affetta da nullità assoluta, deducibile da chiunque dei condòmini, nonostante la partecipazione all'assemblea...."
(Cass. 28 dicembre 1982, n. 5646)


" Qualora l'impianto idrico venga ricompreso nel regolamento di condominio tra le cose di proprietà comune a tutti i condomini, l'uso dello stesso è disci- plinato dall'art.1102c.c., talché ne deriva l'illegittimità del rifiuto opposto dall'assemblea condominiale alla richiesta di un condòmino di utilizzare l'impianto idrico comune per l'adduzione dell'acqua all'appartamento di sua proprietà, in quanto il potere dell'assemblea è limitato alla disciplina delle modalità per il miglior uso della cosa comune ma non può estendersi fino ad escludere in concreto, nei confronti di un condòmino, l'esercizio dei diritti allo stesso spettanti."
(Trib. Roma, Sez. Il, 21 maggio 1986, n. 7400)


"... L'art. 2373 c.c., il quale esclude dall'esercizio di voto il socio in conflitto d'interesse con la società, non può trovare applicazione analogica nel com- puto della maggioranza dell'assemblea di condominio cui partecipa il condò- mino amministratore, almeno per gli atti necessitati, dovuti, essenziali alla sua ordinaria gestione. Invero l'art. 2369 c.c., terzo comma, non prevede per l'assemblea società,  riunita in seconda convocazione, un quorum deli- berativo, per cui è impossibile assumere le necessarie deliberazioni anche nel caso in cui il pacchetto di maggioranza sia concentrato in uno o pochi soci in conflitto d'interesse con la società, e, quindi, esclusi dalla votazione, mentre l'art. 1136 c.c., terzo comma, richiede per l'assemblea condominiale riunita in seconda convocazione, un quorum deliberativo, con l'effetto che l'applicazione in via analogica e generalizzata dell'art.2373 c.c. per gli atti indispensabili alla gestione condominiale - come l'approvazione del rendi- conto, la nomina dell'amministratore (per la quale è richiesta ex art. 1136, quarto comma, c.c., la maggioranza degli intervenuti rappresentanti almeno la metà del valore dell'edificio), renderebbe impossibile l'assunzione di delibere valide perché tali atti, congelati i voti del condòmino amministratore di unità immobiliari per un valore millesimale superiore ai due terzi o alla metà dell'intero edificio, potrebbero essere approvati soltanto dalla maggio- ranza residua, inferiore a quella legale, e, quindi, sarebbero nulli."
(Trib. Torino, Sezione III, 3 febbraio 1989, n. 725)


"La deliberazione assembleare, adottata a maggioranza, che modifichi le tabelle millesimali relative alla ripartizione delle spese è inefficace nei con- fronti del condomino assente o dissenziente per nullità radicale deducibile senza limitazione di tempo. Sono altresì nulle le delibere successivamente adottate sulla base delle tabelle illegittimente modificate, in virtù del princi- pio secondo il quale l'atto non non produce alcun effetto e non può essere convalidato dal decorso del tempo."
(Cass. 11 novembre 1989, n. 3920)


 " In tema di condominio di edifici i poteri dell'assemblea sono fissati tassa- tivamente dalla legge e non possono invadere la sfera di proprietà dei singoli condòmini, sia in ordine alle cose comuni che in ordine alle cose di proprietà esclusiva, tranne che una siffatta invasione sia stata da loro espressamente e specificamente accettata nei singoli atti di acquisto o mediante approvazione del regolamento condominiale che siffatta limitazione preveda: non è con- sentito, pertanto, all'assemblea dei condòmini, quand'anche essa deliberi a maggioranza, una diversa collocazione delle tubazioni comuni dell'impianto di riscaldamento in un locale di proprietà esclusiva, che arrechi pregiudizio alla proprietà stessa, a meno che non sussista il consenso del proprietario del locale stesso."
(Cass. 27 agosto 1991, n. 9157)


" La norma regolamentare che sancisca la costituzione, in favore del condo- minio, di uno ius in re aliena a carico di un bene di proprietà esclusiva, e, quindi, di una servitù, costituisce violazione delle modalità di costituzione previste dal codice - sia che si tratti di una servitù coattiva (art. 1302 c.c.), sia che si tratti di servitù volontaria (art. 1058 c.c.). Una siffatta norma re- golamentare, infatti, deve considerarsi illegittima e l'assemblea, nell'approva- re la delibera istitutiva della stessa, ha ecceduto nei suoi poteri. Nella specie la Corte ha dichiarato illegittima la norma regolamentare che attribuiva al condominio il diritto perpetuo ed a titolo gratuito di usare il tetto terrazza, con diritto di calpestio, di proprietà esclusiva delle unità immobiliari sotto- stanti, sia pure limitatamente al recupero di cose cadute accidentalmente da finestre e balconi sovrastanti ed alla installazione di ponteggi o scale per la- vori di manutenzione."
(App. Milano, 29 maggio 1992, n. 975)


" Il voto segreto contrasta con la necessaria trasparenza che l'espressione della volontà di ciascun componente dell'assemblea deve avere e rende impossibile stabilire se la volontà collettiva sia espressione di singole volontà validamente manifestatesi. Se fosse consentito ricorrere al voto segreto, di fatto risulterebbe inattuabile la tutela del diritto dell'assente e del dissenzien- te e, in genere, delle minoranze, di impugnare le delibere su cui non concor- dino, tutela che rappresenta l'indispensabile correttivo del principio maggio- ritario su cui si fonda il sistema assembleare stesso.
 (Trib.Milano, Sez. VIII, 9 novembre 1992)


" Il condòmino che abbia partecipato all'assemblea, anche se abbia espresso voto conforme alla deliberazione che si assume nulla, è legittimato a far va- lere detta nullità purché assuma e dimostri di avervi interesse e, cioè, che la deliberazione, se non annullata, gli arrechi un qualche pregiudizio, in quan- to il principio sancito dall'art. 1421 c.c. - secondo il quale la nullità può es- sere fatta valere da chiunque vi abbia interesse, salvo diverse disposizioni di legge - non risulta derogato dalle norme dettate in tema di comunione e con- dominio. D'altro canto il principio di cui all'art. 157 c.p.c. - secondo cui chi ha dato causa alla nullità non può poi farla valere - ha natura processuale e non sostanziale. Esso, infatti, è estraneo alla materia sostanziale, ove l'azio- ne è concessa anche a chi abbia partecipato alla stipulazione di un atto nul- lo. (Conforme: "L'art. 1137 c.c., che riconosce al singolo condòmino il dirit- to di impugnare le deliberazioni dell'assemblea - solo al condòmino assente o dissenziente -, si riferisce alle azioni di annullamento e non a quelle di nullità").
(Cass. 27 maggio 1982, n. 3232)
(Tribunale di Milano, Sez. VIII, 9 novembre 1992)
(Cass., Sez. 11, 16 novembre 1992, n. 12281)


L'assemblea stessa ha altresì il potere di autorizzare l'amministratore ad agire in giudizio per l'esercizio di diritti che, pur riferentisi alle parti comuni dell'edificio condominiale, in base ai singoli contratti di compravendita, non rientrino nella rappresentanza giudiziale attiva del condominio attribuita all'anuninistratore ex art. 1131 c.c..
Essa, pertanto, è legittimata a concordare con il costruttore una transazione avente ad oggetto i lavori da eseguire sulle parti comuni dell'edifìcio per eliminare i vizi ed i difetti in esse riscontrati, senza per questo invadere la sfera dei diritti riservati ai singoli condòmini. Questi, infatti, possono libera- mente far valere nei confronti del costruttore, nonostante la transazione, nei limiti della loro quota, il diritto al risarcimento di eventuali danni derivanti dall'inadempimento dello stesso.
(Tribunale di Milano, 11 maggio 1995, n. 4544)